USI CIVICI
Documentazione inerente gli usi civici >>>
Legge 97 del 31 gennaio 1994
"Nuove disposizioni per le zone montane "
Art. 3.
Organizzazioni montane per la gestione di beni agro-silvo-pastorali.
1. Al fine di valorizzare le potenzialità dei beni agro-silvo-pastorali in proprietà collettiva
indivisibile ed inusucapibile, sia sotto il profilo produttivo, sia sotto quello della tutela ambientale, le regioni provvedono al riordino della disciplina delle organizzazioni montane, anche unite in
comunanze, comunque denominate, ivi comprese le comunioni familiari montane di cui all'articolo
10 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, le regole cadorine di cui al decreto legislativo 3 maggio
1948, n. 1104, e le associazioni di cui alla legge 4 agosto 1894, n. 397, sulla base dei seguenti
principi:
a) alle organizzazioni predette è conferita la personalità giuridica di diritto privato, secondo
modalità stabilite con legge regionale, previa verifica della sussistenza dei presupposti in ordine ai
nuclei familiari ed agli utenti aventi diritto ed ai beni oggetto della gestione comunitaria;
b) ferma
restando la autonomia statutaria delle organizzazioni, che determinano con proprie disposizioni i
criteri oggettivi di appartenenza e sono rette anche da antiche laudi e consuetudini, le regioni,
sentite le organizzazioni interessate, disciplinano con proprie disposizioni legislative i profili relativi
ai seguenti punti:
1) le condizioni per poter autorizzare una destinazione, caso per caso, di beni comuni ad attività
diverse da quelle agro-silvo-pastorali, assicurando comunque al patrimonio antico la primitiva
consistenza agro-silvo-pastorale compreso l'eventuale maggior valore che ne derivasse dalla
diversa destinazione dei beni;
2) le garanzie di partecipazione alla gestione comune dei rappresentanti liberamente scelti dalle
famiglie originarie stabilmente stanziate sul territorio sede dell'organizzazione, in carenza di norme
di autocontrollo fissate dalle organizzazioni, anche associate;
3) forme specifiche di pubblicità dei patrimoni collettivi vincolati, con annotazioni nel registro dei
beni immobili, nonché degli elenchi e delle deliberazioni concernenti i nuclei familiari e gli utenti
aventi diritto, ferme restando le forme di controllo e di garanzie interne a tali organizzazioni,
singole o associate;
4) le modalità e i limiti del coordinamento tra organizzazioni, comuni e comunità montane,
garantendo appropriate forme sostitutive di gestione, preferibilmente consortile, dei beni in
proprietà collettiva in caso di inerzia o impossibilità di funzionamento delle organizzazioni stesse,
nonché garanzie del loro coinvolgimento nelle scelte urbanistiche e di sviluppo locale e nei
procedimenti avviati per la gestione forestale e ambientale e per la promozione della cultura locale.
2. Fino alla data di entrata in vigore delle norme regionali previste nel comma 1 continuano ad
applicarsi le norme vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, in quanto con essa
compatibili.
Art. 12
Servizi. Usi civici.
1. Alle comunità montane si applicano gli articoli 22, 23, 24, 25 e 26 della legge 8 giugno 1990, n.
142.
2. Nei comuni montani i decreti di espropriazione per opere pubbliche o di pubblica utilità per le
quali i soggetti espropriati abbiano ottenuto, ove necessario, l'autorizzazione di cui all'articolo 7
della L. 29 giugno 1939, n. 1497, e quella del Ministero dell'ambiente, determinano la cessazione
degli usi civici eventualmente gravanti sui beni oggetto di espropriazione (1).
3. Il diritto a compensi, eventualmente spettanti ai fruitori degli usi civici sui beni espropriati,
determinati dal Commissario agli usi civici, è fatto valere sull'indennità di espropriazione (2).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 10 maggio 1995, n. 156, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del presente comma, nella parte in cui, nel caso di espropriazione di terreni montani
per opere pubbliche o di pubblica utilità, non prevede che sia sentito il parere della Regione
interessata in merito alla cessazione dei diritti di uso civico esistenti sui beni espropriandi, quando
il decreto di esproprio sia pronunciato da una autorità statale.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 10 maggio 1995, n. 156, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del presente comma, nella parte in cui prevede che i compensi, eventualmente
spettanti ai fruitori degli usi civici sui beni espropriati, sono determinati dal Commissario agli usi
civici anziché dalla Regione.